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La mia Pasqua con Vik Utopia Arrigoni

Ci hanno portato a pensare che quello che succede in una parte del mondo non ci riguardi fino a che non abbia ripercussioni economiche…la chiamano globalizzazione . Ci hanno portato a credere che non è colpa nostra se un bambino di cinque anni deve lavorare (invece che giocare) con le sue piccole dita per produrre cellulari che sfoggiamo quotidianamente. La chiamano tecnologia. Ci hanno portato a dire che se abbiamo un lavoro in cui siamo sfruttati, vessati e presi a calci in culo…”beh, sempre meglio di niente”.Lo chiamano progresso. Ci hanno portato a credere che se la guerra è lontana dai nostri confini “non è la mia guerra”  Questo concetto, però, davvero, non so come chiamarlo. Forse, dipende dal fatto che da quando sono piccola, poichè vivo in uno Stato la cui religione principale è quella cattolica (in cui i precetti fondamentali, insegnati da Gesù suonano alle mie orecchie sintetizzabili in “Pace, Amore, Solidarietà e Fratellanza tra i Popoli”)…al prosciutto sugli occhi che ci fa vedere tutte le guerre lontane, come se non dipendessero ANCHE da noi…NO!, proprio non so dare una definizione!
Posso solo dire che io non voglio la globalizzazione, non voglio la tecnologia, non voglio il progresso…se mi fanno perdere la capacità di “restare umana”. In tanti, ora, abuseremo della frase di Vik Utopia Arrigoni. Non so se sia un bene o un male. Sarebbe un bene…se tutti la sentissero dentro questa frase…non ci si riempissero solo la bocca. Ieri, 20 aprile 2011, gli amici Palestinesi hanno dato l’ennesima lezione di dignità a questo stupido popolo che siamo noi italiani: sono venuti in tantissimi a Fiumicino, ad attendere il rientro della salma di Vik. Il dolore nell’aria, si poteva tagliare con un coltello. La voglia di piangere era più forte della rabbia di averlo perso. Più di un volto era solcato da lacrime silenziose. Io stessa…e anche ora che ci ripenso. Anche ora che sto cercando di condividere con chi mi segue (e per questo vi ringrazio sempre) non trattengo i singhiozzi. Chi non conosceva Vittorio, ha imparato chi fosse in questi giorni. Ha imparato cosa significa “Pace, Amore, Solidarietà e Fratellanza tra i Popoli” ai giorni nostri: significa morire per un’utopia. Vittorio è tornato nel silenzio delle autorità italiane. Nessuno ha avuto il coraggio di presentarsi a Fiumicino, neanche il Presidente della Repubblica, super partes…
Certo, sarebbero stati fischiati…ma il gesto. Il gesto dovevano farlo. E’ morto un italiano. E che italiano! ma no…le autorità è meglio che sfilino quando tornano i soldati morti, quelli delle operazioni di “Peace Keeping”…loro si, veri portatori di Pace, Amore, Solidarietà e Fratellanza tra i Popoli…aiutati da un fucile e da una mina antiuomo prodotta in Italia…
Noi italiani abbiamo capito tutto del messaggio di Amore…disposti a stracciarci le vesti se perde la squadra del cuore…ma pronti a girarci dall’altra parte se qualcuno dice “ho bisogno di aiuto”. Io spero che il messaggio della morte di Vik pian, piano squarci i cuori inariditi dall’illusione di una vita “normale”. Spero che la sua morte sia il virus di questa “Matrix”  in cui viviamo quotidianamente. Spero che questo Paese ritrovi la dignità perduta per aiutare se stesso e tutti i popoli in difficoltà. Per ora…io so solo una cosa…Passerò la mia Pasqua con Vik Utopia Arrigoni: andrò ai suoi funerali e voglio pensare che venga mezza Italia…quell’Italia che crede ancora che potremo “restare umani”.